Il Giardino delle Esperidi è un festival composito, un luogo di incontro dove immergersi in un mondo di creazione. La comunità che si è riunita intorno al direttore Michele Losi, gli artisti in residenza, i tecnici, i volontari, sembrano animati da una sincera volontà di costruire in quel borgo d’alta collina prealpina un luogo di creazione artistica che unisca natura e tecnologia. Quello che mi ha colpito è l’amore per il territorio, la devozione e conoscenza che tante volte assente se non nelle parole dette per semplice retorica strappa fondi. Ne Il Giardino delle Esperidi questa retorica sembra non esserci, c’è cura reale verso il luogo che ospita l’agire artistico. Come diceva Mejerchol’d, ma anche il mito della creazione secondo i Veda, primo viene il suolo da cui si può partire per costruire un mondo.
Dicono di noi
Il futuro sta a queste latitudini, i sogni qui, con il lavoro e la caparbietà, diventano possibili. Si sente il magma che produce, si muove, si sente il rumore del domani che ha voglia e desiderio di nascere, che spinge, che non sta più nella pelle. Due le pièce nel bosco, interattive, mai statiche, da pubblico attivo, partecipe (dopotutto questa è una comunità), scarpe da ginnastica, piedi buoni, tanta curiosità e polpacci a scarpinare, la possibilità del sudore che amplifica la piccola fatica, che rende il tempo della piece esperienza da portarsi a casa, da far decantare, cementificare dentro ognuno di noi imprimendola in profondità. Spettacoli come tatuaggi che ti entrano sottopelle e non se ne vanno più. Continuano ad accompagnarti negli anni. E il bosco è il panorama e il fondale perfetto, lo scenario e il set ideale per l’attraversamento, base di queste avventure. L’andare fuori di noi che, parallelamente, sposta piccole cose, riequilibrandole, dentro di noi in un continuo gioco di specchi, di rimandi, di rimbalzi. Camminare, vedere, scorgere, scoprire pezzi del mondo, scovare parti intime di noi immerse in quei luoghi, ora lampanti e palesi. Un respiro profondo ad aprire sterno e polmoni, reali e metaforici.
In un mondo che utilizza ormai massivamente la tecnica e le sempre più virtuali sue geografie per ottenere quella realtà aumentata (e quindi distanziata) che sembra essere il suo unico obiettivo, etico ed estetico, “Il Giardino delle Esperidi” sceglie invece la natura come luogo di espansione della percezione anche drammaturgica, recuperando nel rapporto con questa una quasi inattuale e ormai rara intimità e prossimità, fonte di consapevolezza e dunque di sincerità, anche questa etica ed estetica insieme. Una fusione/espansione che ha il suo centro, quasi un gorgo di sensazioni e suggestioni, nel borgo antico di Campsirago, felice incontro con la natura sul boscoso Monte San Genesio, tra il manzoniano ramo di Lecco e la Brianza. Qui ha la sua permanente residenza il gruppo teatrale, appunto Campsirago Residenza, da cui nasce il festival. Direttore artistico di entrambe le realtà è Michele Losi. Si definisce festival itinerante, ma più che itinerante lo definirei festival diffuso, suggestivamente espanso tra i boschi del Monte di Brianza ed i suoi borghi, in una sorta di respirazione condivisa tra la natura e l’arte, tra l’origine e la finalità che tenta, con il supporto dell’una e dell’altra, di sussumere nel teatro il destino non scritto dell’umano.
Quello che spicca a Campsirago è il tentativo di proporre un’esperienza densa e stratificata, lunga tutto un giorno, che permetta allo spettatore – così come agli artisti coinvolti – di farsi, anche se per poco, abitante del luogo che lo ospita, con attività diffuse nell’area della Residenza, negli spazi ora più ampi ora più intimi del teatro.
Il momento della riflessione. Il contatto con una natura terrestre e spirituale. Lo spazio per il sacro. E preghiere laiche. Che riconducono ai luoghi del silenzio e dell’anima, alla storia delle arti e delle comunità. [Un festival] che cambia pelle senza snaturarsi. E soprattutto punta alla qualità, in questa edizione tra le più belle degli ultimi anni.
Ripartire. Riprendere a respirare. Riappropriarsi della spensieratezza grazie all’arte. Ritrovare la voglia di divertirsi.
Amleto, una questione personale si presenta come un’impresa epica per spazi non urbani, dove il teatro non c’è e in cui sembra possibile sperimentare una comunità di artisti, addetti ai lavori e nuovi spettatori erranti. Amleto, una questione personale, come una lunga conta magica, agita a cielo aperto da coloro che scelgono di raccogliersi e lavorare in piccole “enclavi”, attiva un’azione radicale in un territorio delocalizzato. Amleto, una questione personale, al pari di un violento abbraccio, ammutolisce il pubblico e strozza le parole nella gola degli interpreti, i cui corpi “trasparenti” intercettano gli impulsi del luogo e reagiscono agli imprevisti e alle possibilità, anche drammaturgiche, che scaturiscono da un sito all’aperto. […] Nello spazio avviluppante e “transumante” della rappresentazione il paesaggio diventa così un simbolo, qualcosa di remoto e misterioso, quasi trattenesse una vita anteriore, una memoria antica che performer e spettatore sono chiamati a rintracciare insieme.
Un’edizione che […] ha problematizzato il rapporto tra realtà per quale si presenta e realtà aumentata, datità e spinta comunicativa, presentazione e rappresentazione.
Un festival con uno spirito da pirata, avventuriero e coraggioso, che fa solcare mari burrascosi tra le vette delle montagne. Il Festival ha messo in scena l’inquietudine umana e la sua fragilità, che si può emendare solo in contatto stretto e viscerale con la natura: la nostra vera e unica essenza vitale e generatrice.
In questa Brianza sorprendente si apre questo giardino delle meraviglie di Campsirago dove con tenacia un pugno di pirati e piratesse porta avanti una concettualizzazione del teatro naturale e umano che apre spazi di intelligenza e cambiamento generativo e equo per tutti gli essere viventi non solo per gli umani. E così come le esperidi sono custodi di oggetti magici e di riti segreti nel tempo di mezzo tra la fine del giorno e l’inizio della sera nella splendida cornice del loro giardino miracoloso, così qui l’arte diventa guardiana e raconteur inesorabile e bellissima dei frutti dell’immaginario, dell’intuizione dell’animo e della natura.
Qui, a Campsirago Residenza, nella grande famiglia di artisti che ne fanno parte, nelle loro vite, nella loro splendida sede […] nella ricerca artistica che conducono, c’è una coerenza tra azioni, parole e produzioni, che colpisce. Ed un forte legame con la natura. Si indaga, ci si interroga sulle possibili direzioni che sta prendendo la nostra società, sui suoi atteggiamenti di dominio sulla natura che mettono in pericolo il nostro pianeta. E si suggeriscono alternative partendo proprio dalla terra, dal bosco, dalla natura.
Tanti sono stati gli spettacoli per grandi e bambini e le performence presentati a Il Giardino delle Esperidi festival itinerante che si svolge tra i boschi e i borghi del monte Brianza ideato e diretto da Michele Losi terminato agli inizi di luglio 2021.
Uno spazio importante è stato dedicato anche ai bambini di ogni età, da quella prescolare all’adolescenza ed è una bellissima opportunità per i genitori per passare del tempo di qualità insieme ai loro piccoli.
Scrive Nigro: “Apologo o favola, o «empedocleo» poema fisico e lustrale, La divina foresta è un cónto melodioso sull’inattingibilità del Paradiso terrestre, sulla lontananza, e sulla perpetua ricerca”. Ecco: Il Giardino delle Esperidi Festival è uno dei luoghi (e delle occasioni) in cui impegnarci in questa perpetua ricerca.
Mentre faccio attenzione a dove metto i piedi per non inciampare nelle radici e scosto i rami con le mani, rifletto che sto assistendo a quello che uno spettacolo teatrale dovrebbe essere sempre, ma raramente è: un rito collettivo. E ho la sensazione che tutto quanto mi circonda faccia parte dello spettacolo.
Un connubio azzeccato e avvolgente, che si ripete da diciassette anni a questa parte e che attira pubblico da tutta Italia e non solo. Le località del festival, con punto di incontro a Campsirago, offrono a chi vi partecipa non solo un paesaggio suggestivo, ma anche un’esaltazione dell’arte stessa che viene messa in atto.
Il Giardino delle Esperidi Festival è rinomato non solo per la proposta di spettacoli, ma anche per il connubio con la natura, che lo rende unico e coinvolgente.
Come da tradizione il bosco è un elemento chiave del festival Il Giardino delle Esperidi.
La natura è anche al centro della diciassettesima edizione de “Il Giardino delle Esperidi”, da giovedì 24 giugno a domenica 4 luglio nei centri di Colle Brianza, Ello e Olgiate Malgora. Stavolta a confrontarsi con i temi dell’ambiente anche i temi della sperimentazione digitale, accessibilità e multi disciplinarietà, performance site specific, musica, teatro e poesia.
Un’edizione del festival volta ad indagare l’evoluzione della performing art nel paesaggio a partire dalle sue radici legate al Teatro Natura, passando attraverso il teatro immersivo nei boschi e nello spazio urbano, arrivando ad indagare nuove azioni performative accessibili, in realtà aumentata, ma sempre in presenza e nello spazio concreto di un sentiero, di un bosco, di una piazza, dell’incontro materiale con altre esistenze.
“Il Giardino delle Esperidi” è relazione immaginifica tra arte e paesaggio, quello naturale e quello urbanizzato perfettamente integrati. Il sole illumina i sentieri tra i boschi umidi e quelli modellati dall’uomo.
Torna la manifestazione che mette il teatro al centro del paesaggio. Venticinque titoli (di cui quattro prime nazionali e due regionali), un ampio ventaglio di linguaggi e alcuni incontri per approfondire tematiche diverse.
Torna il Festival che anima l’inizio dell’estate tra boschi e borghi del Lecchese. Quest’anno ancora più importante perché l’immersione nella natura non servirà solamente a rinfrancarci dopo un lungo inverno bensì a sperimentare azioni performative in ‘luoghi non deputati’, per riassaporare un senso di libertà a lungo negato ma anche il piacere della compartecipazione che solamente il rito laico par excellence, ossia il teatro, sa regalarci.